CENNI SULLO STATO COLLOIDALE

Lo stato colloidale è intermedio fra quello delle soluzioni vere e proprie e quello delle sospensioni sedimentabili.

Le soluzioni vere e proprie sono costituite da ioni o molecole singole o piccoli aggregati molecolari (da 1 a 1000 atomi) disciolte in un solvente Le particelle disciolte sono estremamente piccole, con diametri particellari inferiori a 0,001 µm. Esse non sono osservabili neppure al microscopio elettronico e attraversano agevolmente le membrane dializzatrici.

Le dispersioni colloidali (impropriamente dette soluzioni colloidali) sono costituite da aggregati molecolari disciolte in un solvente (fase disperdente). Le particelle disciolte (fase dispersa) hanno diametri particellari compresi fra 0,001 e 0,1 µm; illuminate trasversalmente danno luogo al fenomeno di Tyndall. Esse sono osservabili al microscopio elettronico, attraversano agevolmente la carta da filtro, ma non le membrane dializzatrici.

Le dispersioni prendono il nome di sospensioni, emulsioni, schiume a seconda che la fase dispersa sia rispettivamente solida, liquida, gassosa.

Le sospensioni sedimentabili contengono grossi aggregati molecolari, con diametri particellari oltre 0,1 µm. Le particelle della fase dispersa sono osservabili al comune microscopio e spesso anche ad occhio nudo; tendono a sedimentare e sono separabili dalla fase disperdente per filtrazione su comune carta da filtro o per decantazione.

Le particelle colloidali, non sono mai in quiete, ma soggette al moto Browniano (movimento disordinato, dovuto agli urti con le molecole del liquido in continua agitazione termica). Finché le particelle restano piccole, la sedimentazione (moto ordinato dovuto alla gravità) è sopraffatta dall'agitazione termica. Però, quando due o più particelle colloidali collidono, possono riunirsi (coagulazione) per effetto di attrazioni Forze di Van der Waals), in particelle più grosse e appesantirsi sino a precipitare. Pertanto il moto Browniano da solo, non è sufficiente a garantire la stabilità della sospensione.

Una soluzione colloidale, per essere stabile, richiede che le particelle rechino cariche elettriche dello stesso segno. Queste cariche respingendosi impediscono alle particelle di collidere e quindi di coagulare e sedimentare.

Le cariche elettriche in questione, sorgono o per ionizzazione di gruppi ionizzabili appartenenti alle stesse particelle o per adsorbimento di ioni presenti in soluzione da parte delle particelle.

I colloidi si suddividono in due categorie:

-     colloidi liofobi, in cui le particelle disperse sono allo stato solido e a contatto diretto col solvente, insolubili nel mezzo disperdente e di varie dimensioni (ossia polidispersi). La loro carica elettrica proviene da adsorbimento di ioni.

colloidi liofili, in cui le particelle disperse sono solvatate e quindi separate dal solvente dallo strato di solvatazione. La loro carica elettrica proviene dalla ionizzazione di gruppi ionizzabili appartenenti alle stesse particelle.

A loro volta i colloidi liofili si distinguono in due gruppi:

colloidi molecolari costituiti da macromolecole singole. A questa categoria appartengono le soluzioni di acido polisilicico.

-colloidi micellari costituiti da aggregati (che prendono il nome di micelle) di più molecole, tenute assieme da forze di Van der Waals. A questa categoria appartengono le soluzioni di silice colloidale.

COAGULAZIONE E SEDIMENTAZIONE

La velocità di sedimentazione, a parità di altre condizioni, dipende dal diametro delle particelle, in base alla legge di Stokes.

I dati riportati nella Tabella seguente sulla velocità di sedimentazione per particelle di vario diametro, sono stati calcolati teoricamente.

TABELLA n0 1. Influenza del diametro delle particelle (supposte sferiche, prive di carica elettrica, con densità 2,6) sospese in acqua a 100C, sul tempo di sedimentazione da l m di altezza.

Sostanze sospese

Diametro particellare µm

Tempo di caduta da 1 m

Ghiaia

10000

1,5 sec

Sabbia grossa

1000

6 sec

Sabbia fine

100

3 min

Limo

10

3 ore

Batteri

1

300 ore

Argilla

0,1

1500 giorni

Sospensioni colIoidali

0,01

450 anni

In pratica, solo le sospensioni di particelle con diametri superiori a 10 µm richiedono tempi di sedimentazione accettabili in campo industriale.

Le sospensioni finemente disperse sedimentano con gran difficoltà, non solo a causa del piccolo diametro particellare, ma anche perché si respingono reciprocamente per la loro carica elettrica positiva o, più frequentemente negativa. Ciò impedisce alle particelle  di riunirsi a grappolo (coagulazione), formando un corpo unico (fiocco) il quale, avendo dimensioni maggiori, cadrebbe con velocità più elevata.

Mediante l'aggiunta di appositi reagenti (coagulanti o flocculanti), si può provocare l'aggregazione (coagulazione indotta) e l'addensamento delle particelle, con formazione di fiocchi pesanti che sedimentano velocemente.

Per comprendere il meccanismo della coagulazione, s'immagini una singola particella colloidale, carica di elettricità negativa, sospesa in una soluzione elettrolitica (per es. NaCì). Le cariche negative si disporranno sulla superficie esterna della particella, ed attrarranno un certo numero di ioni positivi (Na+) i quali formeranno uno strato aderente alla superficie della particella, denominato strato stazionario. Allontanandosi dalla superficie della particella, la forza di attrazione esercitata dalle cariche negative diminuisce fino ad annullarsi in un determinato punto, denominato punto di elettroneuralità. La differenza di potenziale esistente fra la superficie della particella ed il punto di elettroneutralità, è detta potenziale di Nerst, mentre la differenza di potenziale fra lo strato stazionario ed il punto di elettroneutralità, si chiama potenziale zeta.

Il potenziale zeta è di maggior interesse perché stabilizza le soluzioni colloidali, opponendosi alla collisione fra due o più particelle vaganti. Esso è influenzato dalla:

-        concentrazione ionica dell' elettrolita

-        carica ionica dell'elettrolita

-        pH del mezzo disperdente

-        temperatura della dispersione colloidale

Gli ioni attivi come coagulanti devono possedere carica opposta a quella della particella colloidale.

Aumentando la concentrazione dell'elettrolita, aumenta anche la concentrazione dei suoi ioni positivi(Na+) nello strato stazionario, con effetto schermante sul potenziale zeta che diminuirà fortemente. Il potere coagulante aumenta notevolmente al crescere della valenza dello ione.

La coagulazione del colloide è causata dalla diminuzione del potenziale zeta, dovuta all'adsorbimento di ioni di segno opposto a quello della particella colloidale. L'adsorbimento ionico aumenta all'aumentare della carica ionica e ciò spiega l'enorme effetto di questo parametro sulla coagulazione.

La teoria dell'adsorbimento, spiega anche l'effetto del pH sulla coagulazione: infatti, gli ioni H+ e OH- sono notoriamente tra quelli che vengono più fortemente adsorbiti.

L'aumento della temperatura generalmente accelera il processo di coagulazione, non solo perché fa diminuire la viscosità del liquido disperdente, ma soprattutto perché aumenta l'energia cinetica delle particelle e quindi la frequenza delle loro collisioni.

La diminuzione del potenziale zeta, sebbene importante, non è sufficiente da sola a giustificare il complesso fenomeno della coagulazione. Infatti, a volte la coagulazione è lenta anche con bassi potenziali zeta, e altre volte essa si verifica in modo soddisfacente con valori alti di detto potenziale.

In effetti, la maggiore efficacia dei cationi bi e trivalenti nell'indurre la coagulazione, non dipende soltanto dall'effetto deprimente sul potenziale zeta, ma anche dal fatto che essi, in ambiente neutro od alcalino formano sali o idrossidi fioccosi e poco o pochissimo solubili. Questi fiocchi sedimentano rapidamente trascinando le particelle colloidali sospese, in parte per azione elettrostatica, ed in parte per semplice azione meccanica.

Utilizzando come coagulanti sali di alluminio o ferro, si formano fiocchi di Al(OH)3 o Fe(OH)3 che eliminano non solo le particelle sospese ma anche, grazie al fenomeno dell'adsorbimento, anche parte degli anioni disciolti. Contemporaneamente possono formarsi sali insolubili, cui segue una vera e propria precipitazione. Ad esempio, nell'eliminazione dei fosfati dalle acque.

La coagulazione consta di due fasi successive:

a)     coagulazione pericinetica inizia con la diminuzione del potenziale zeta, instabilizzazione del colloide e termina con la formazione dei microfiocchi.

b)     coagulazione ortocinetica consistente nell'agglomerazione dei microfiocchi, in fiocchi grossi e pesanti, facilmente sedimentabili.

I fattori principali che influenzano il processo di coagulazione, sono:

-        pH della soluzione

-        temperatura

-        tempo di reazione

-        dosaggio dei reagenti

-        ordine di aggiunta dei reagenti

-        velocità di agitazione

Per ciò che riguarda il pH e la temperatura, si rimanda alle precedenti considerazioni.

Il tempo di reazione è pure molto importante per consentire ai fiocchi l'ingrossamento necessario ad una rapida sedimentazione. Per tale motivo, si consiglia di lasciar ultimare la coagulazione pericinetica prima di introdurre l'acqua trattata, nel bacino di decantazione ove si conclude la coagulazione ortocinetica.

Le quantità e l'ordine di aggiunta dei reagenti, hanno spesso un'importanza determinante, indicando

che ciascun flocculante agisce con un suo particolare meccanismo chimico fisico.

Al crescere della velocità di agitazione, migliorano pure le caratteristiche di sedimentabilità dei fiochi, ma solo fino a un dato limite, oltre il quale esse peggiorano bruscamente fino ad annullarsi. Infatti con un'agitazione eccessiva il moto del fluido da laminare diventa turbolento ed i vortici che ne conseguono, rompono per azione puramente meccanica i fiocchi già formati. Rallentando l'agitazione, talvolta i fiocchi tornano a ingrossarsi, ma più spesso non s'ingrossano, o comunque non riacquistano le dimensioni precedenti.

Per ottimizzare il processo occorre il controllo accurato di tutti i suddetti parametri mediante prove preliminari di laboratorio.

REAGENTI COAGULANTI

Da quanto affermato precedentemente, emerge che un buon reagente coagulante per il trattamento delle acque deve essere un elettrolita idrosolubile, innocuo, di basso costo e possedere carica ionica bi o meglio trivalente, di segno opposto a quella del colloide che si desidera flocculare; pertanto si usano flocculanti cationici per colloidi anionici e viceversa.

I coagulanti cationici più usati sono: il policloruro di alluminio, il solfato di alluminio, il cloruro ferrico, il clorosolfato ferrico; meno usati sono il solfato ferroso, il cloruro di calcio, il solfato di magnesio, il solfato e cloruro di zinco.

Il solfato di alluminio è il coagulante tra i più usati. Fornisce una buona coagulazione sia in fase pericinetica, sia ortocinetica, con formazione di idrossido di alluminio bianco fioccoso. Il valore ottimale del pH è di 6,3 - 6,5. Il dosaggio di questo flocculante dipende dal carico inquinante dell'acqua e può variare da 50 a 200 mg/l.

Il policloruro di alluminio (cloruro basico di alluminio) per efficienza è il miglior flocculante e viene usato nel processo di flocculazione per qualsiasi tipo di acqua, specialmente per la potabilizzazione.

Tra i coaguianti anionici domina incontrastato, per efficacia e basso costo, il sol di silice attiva, preparato al momento dell'uso, acidificando una soluzione di sodio silicato. Questo coagulante è usato per abbattere colloidi cationici, ioni metallici ed è particolarmente utile per chiarificare le acque addolcite con calce. Il dosaggio di questo flocculante, espresso come Si02, può variare da 10 a 60 mg/l; un eccesso comporterebbe l'inversione della carica elettrica particellare e l'arresto dell'accrescimento del fiocco.

AUSILIARI DI COAGULAZIONE

Dopo la coagulazione di un colloide elettronegativo, i cationi polivalenti del coagulante, adsorbiti sulla superficie delle particelle, possono indurre l'inversione di carica elettrica e del potenziale zeta. Le particelle tornano a respingersi per la loro carica non più negativa, ma positiva. Ciò comporta l'arresto dell' accrescimento particellare nella fase ortocinetica.

Per superare tale difficoltà si ricorre agli ausiliari di coagulazione, sostanze che coadiuvano, anche a piccole dosi, l'azione dei reagenti coagulanti. Per i coagulanti cationici occorrono ausiliari di tipo anionico. Gli anioni dell'ausiliare, adsorbiti sulle particelle con carica invertita, diminuiscono nuovamente il potenziale zeta ed il processo d'aggregazione riparte.

I più importanti vantaggi degli ausiliari di coagulazione sono:

-        aumento della velocità di sedimentazione dei fiocchi

-        assetto più compatto e maggiore disidratabilità di fanghi

-        diminuzione.della torbidità dell'effluente finale

-        allargamento dell'intervallo del pH di lavoro

-        diminuzione delle dosi di coagulante richieste

Molto impiegati come ausiliari della coagulazione sono i flocculanti organici del tipo polielettroliti, che possono essere sia anionici che cationici, e con peso molecolare variabile.

PROVE PRATICHE Dl COAGULAZIONE.

Nonostante siano disponibili delle tabelle con le prescrizioni per i campi di impiego e i dosaggi dei diversi reagenti, è praticamente impossibile prevedere, in modo sia pure approssimativo, quale sarà il comportamento di un dato coagulante o ausiliario aggiunto ad un'acqua di determinate caratteristiche. E' quindi indispensabile eseguire delle prove pratiche, in jar-Iest; metodo da lungo tempo sperimentato che ben si adatta alle acque reflue di qualsiasi origine.

Si impiega una serie di bicchieri di vetro da un litro, muniti di agitatore meccanico a velocità variabile. Si introduce in ciascun bicchiere un litro dell'acqua da trattare, e si aggiungono i reagenti sotto energica agitazione (100 giri/min) per 1-2 minuti, poi si riduce la velocità degli agitatori alla minima (30-40 giri/min per 10-2Omin), sufficiente per mantenere in sospensione il precipitato formatosi, introducendo eventualmente i coagulanti.

Dopo 5-15 minuti si sospende l'agitazione e si travasa rapidamente il contenuto di ciascun bicchiere in altrettanti coni di Imhoff Si lascia riposare per 30-60 minuti, prendendo nota della velocità di sedimentazione. Si consiglia di eseguire, oltre la prova in bianco (senza aggiunta di reagenti), diverse serie di prove, prendendo in considerazione le seguenti variabili: il reagente o i reagenti usati, le loro dosi, l'ordine di aggiunta dei reagenti, il pH, la velocità e i tempi di agitazione. Infine correlare tutte le variabili fra loro, al fine di evidenziare le condizioni ottimali. E' anche molto importante far svolgere le prove ad una temperatura prossima a quella media che si avrà in realtà nell'impianto. I risultati cosi ottenuti possono sovente essere trasferiti senz'altro su scala industriale, risparmiando la costruzione di un impianto pilota.

PROCESSO INDUSTRIALE

Il processo di limpidificazione dell'acqua procede attraverso tre stadi successivi: miscelazione del liquido torbido con i reagenti, coagulazione, sedimentazione.

I reagenti vengono miscelati con l'acqua da trattare in un tempo molto breve, agitando energicamente per favorire una veloce diffusionee una gelificazione locale. Ciò avviene entro un miscelatore munito di agitatore ruotante le cui dimensioni devono essere calcolate in modo che l'operazione duri 1-2 minuti. Se si devono introdurre due o più reagenti in tempi successivi, occorre predisporre altrettanti miscelatori in serie. Si può sostituire l'agitatore con una pompa di iniezione, la quale fa pervenire le soluzioni dei reagenti in direzione tangenziale nel miscelatore, che naturalmente in questo caso deve avere una sezione circolare.

La coagulazione deve compiersi in un recipiente entro il quale la sospensione viene mantenuta in moto moderato. Ciò favorisce la crescita e la maturazione dei fiocchi, per le ragioni prima esposte, ed impedisce nel contempo la loro deposizione sul fondo del recipiente. In pratica, il movimento della sospensione si può realizzare mediante sbarramenti verticali o, meglio, mediante agitatori a pale lentamente ruotanti su assi orizzontali. Il tempo di ritenzione è generalmente di 5-15 minuti, ma in casi particolari può anche essere superiore.

La sedimentazione viene eseguita in bacini o decantatori, dimensionati in modo tale che il tempo di residenza non risulti inferiore al tempo di decantazione, determinato con prove di laboratorio. Il fango decantato viene separato, compattato in filtropressa ed infine smaltito.